Poi si incontrano e si consumano tra le mura del maxim. Si mangiano letteralmente i genitali e il cervello.
La storia prosegue con le passeggiate alla Rocca di Bazzano come i fidanzatini, mano nella mano, mano nella figa. Sesso e romanticismo messi a tacere in un colpo solo. Totalizzante.
Passano le settimane e si sbatte contro alla parte nera. Quel lato scuro che abbiamo un po' tutti che ci rende a tratti brutti, asciutti, cattivi, ringhiosi.
"Non ti preoccupare, non mi fa paura": il mio modus operandi del cazzo.
Da brava Pollyanna vedo il bello di lui e ho una scusante valida per ogni momento di rabbia. Che prima è verso il mondo e poi d'improvviso si scaglia su di me perché mi avvicino troppo, perché voglio sapere troppo.
E poi non mi ricordo più esattamente com'è andata.
Ricordo litigate, aggressioni verbali, frasi che feriscono.
Mi ricordo di aver chiesto mille volte scusa.
Mi ricordo del senso di colpa costante, del chiedermi se la sua reazione non fosse poi davvero solo colpa mia.
Stare attenta a non dire qualcosa per non farlo arrabbiare. E mentre scrivo questa, frase chiudo gli occhi e mi sento tale e quale alle donne che stanno attente a far tutto bene per non prendere le botte.
Il distacco a luglio, il rincorrersi ad agosto, la fatica di settembre.
Mesi, quasi un anno.
Basta.
A tratti mi faccio pena.
NO.
Non sono io che mi devo fare pena, o schifo. Potrei dire che è lui, ma in realtà non mi interessa.
Sono solo delusa da me stessa perché era evitabile. Potevo sgusciare fuori prima.
Molto pensierosa perché lo avrei potuto presentare alla mia famiglia e sarebbe stato un grande errore.
E dispiaciuta perché ora, se mi si avvicina un sorriso e una mano tesa, ho paura di non essere abbastanza.
Non si finisce mai di crescere ed imparare.