Sfogliando le pagine virtuali in giro per il web mi è tornata alla memoria una poesia che ho studiato alle medie. E' di Aldo Palazzeschi e parla di una vecchia fontana malata. Mi ricordo che mi colpì molto la personificazione della fontana, l'enfasi giocosa quasi canzonatoria delle poesie di vecchio stampo e il tocco futurista dei suoni inventati e onomatopeici.
La trovavo leggera e triste allo stesso tempo, ironica e cupa, simpatica e dificile.
Probabilmente già da ragazzina ero affascinata da quella dualità che adesso, da donna adulta, amo e ricerco tanto.
Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchette, chchch... È giù, nel cortile, la povera fontana malata; che spasimo! Sentirla tossire. Tossisce, tossisce, un poco si tace... di nuovo. Tossisce. Mia povera fontana, il male che hai il cuore mi preme. Si tace, non getta più nulla. Si tace, non s'ode rumore di sorta che forse... che forse sia morta? Orrore Ah! No. Rieccola, ancora tossisce, Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, chchch... La tisi l'uccide. Dio santo, quel suo eterno tossire mi fa morire, un poco va bene, ma tanto... Che lagno! Ma Habel! Vittoria! Andate, correte, chiudete la fonte, mi uccide quel suo eterno tossire! Andate, mettete qualcosa per farla finire, magari... magari morire. Madonna! Gesù! Non più! Non più. Mia povera fontana, col male che hai, finisci vedrai, che uccidi me pure. Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, chchch... |