È un'ottima metafora: non sono più abituata ad essere tirata, sono abituata a tirare, nella vita. È piacevole, mi destabilizza ma è quello che voglio. Mi fa perdere l'equilibrio per poi ritrovarlo.
E comunque nonostante questo non c'è stato un attimo in cui mi sia sentita fuori posto.
Quando parla è più calmo di me, lo ascolterei per ore. E poi quando mi racconta i suoi aneddoti sorride, e il sorriso gli illumina il viso. Nomina persone, luoghi, situazioni, e per un attimo vorrei davvero viverle con lui, accanto a lui. Mi fido, mi sento protetta.
Sono convinta di aver visto anche un po' della sua "parte nera" per qualche secondo. Non mi ha fatto paura, mi ha fatto più che altro voglia di coccolarla, di lenirla. Come fa Sophie con Howl nel Castello Errante.
Poi c'è tutto il resto. TUTTO il resto.
Quel resto che mi tiene li inchiodata al letto, che quando penso di essere esausta basta che mi tocchi e tutto ricomincia.
Tutto. Respiro, mani, occhi, addosso, in fondo.
C'è un punto esatto in cui mi tocca, che parte dalle radici del mio sesso ma arriva su, ancora più su, e si ferma lì vicino al cuore.
Ed è lì che io perdo l'equilibrio.
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